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Quando tutto sembra fermo, ma dentro cambia tutto

Ci sono momenti in cui sembra che fuori non succeda niente. Giornate in cui l’estate si prende il suo tempo, e anche tu, in fondo, lo fai. Non si ha voglia di correre, incastrare, trottare. Si respira più piano, si guarda fuori dalla finestra un po’ più a lungo, si sta sedute accanto a un bicchiere d’acqua mezza vuoto e si lascia che il pensiero vaghi. E nell’apparente “non fare nulla”, qualcosa si muove. Senza rumore, senza agenda, ma si muove. È come se quella lentezza estiva – fatta di luce piena, abiti leggeri, passi scalzi sul pavimento fresco – aprisse uno spazio nuovo anche dentro.

Ci sono giorni in cui la casa sembra trattenere il fiato insieme a te. Non ti chiede nulla, ma ti osserva. Ti aspetta. Aspetta che tu ti accorga di quella sedia sempre occupata da “cose da mettere a posto”, di quel vestito appeso da troppo, di quel barattolo vuoto che tieni “perché può sempre servire”. E poi, all’improvviso, accade: ti fermi. Guardi davvero. E in quel piccolo gesto – uno solo, magari – inizia un cambiamento che nessuno vede, ma che parla chiaramente di te.

All’improvviso ti accorgi che c’è un dettaglio che non ti rappresenta più. Un colore che stona. Una disposizione che non funziona. Una sensazione vaga, ma precisa: qualcosa, in casa, non ti assomiglia più. Anche i cassetti sembrano mugugnare. Apri uno sportello per cercare le chiavi e ti ripeti per la centesima volta che “prima o poi” metterai a posto. Poi però c’è quel giorno, quello in cui ti fermi e lo senti: è ora. Magari non di sistemare tutto, ma almeno qualcosa. Un angolo. Un gesto.

Volersi bene comincia da cosa ci mettiamo addosso. Per me è cominciato da tre abiti. Non abbastanza vecchi da buttarli, non abbastanza nuovi da farmi sentire bene. Finivano sempre nella categoria “da casa”, che come sai, tende a crescere in modo preoccupante. Ma un giorno, sistemando l’armadio, ho avuto un pensiero semplice ma preciso: io passo la maggior parte del tempo in casa, e quei vestiti non mi fanno sentire bene. Non mi ci vedo, non mi ci riconosco, non uscirei mai a prendere un caffè vestita così. E allora mi sono detta che forse volersi bene è anche questo: scegliersi ogni giorno, anche tra le mura di casa.

Meglio un cassetto sistemato bene che tutto a metà. Quando mi sento sopraffatta, ho imparato a non lanciarmi in grandi imprese. Ho preso l’abitudine di iniziare dall’ingresso, o da un singolo cassetto della scrivania. Niente sistemazioni a macchia di leopardo, niente mezzi disastri spostati da una parte all’altra. Meglio un angolo sistemato con calma che tre lasciati a metà. A volte, mettere ordine fuori è solo un modo gentile per dire al caos dentro: “ti vedo, ma oggi scelgo da dove cominciare”.

Con le liste ho un rapporto passionale e un pò burrascoso. Le adoro, ma tendo a farle lunghissime, articolate, degne di un piano quinquennale. Così negli ultimi tempi ho cambiato approccio: il primo giorno osservo, prendo nota mentale di ciò che mi infastidisce o mi chiama. Il giorno dopo, vado di istinto. Scelgo una cosa sola. Magari piccola, ma significativa. A volte è una candela consumata da riciclare, a volte un mobile intero da svuotare.

Adoro i planner, ma anche lì tendo a perdermi nei dettagli. Scrivo poemi al posto di liste. Una voce come “sistemare l’armadio della biancheria” si trasforma magicamente in: svuota completamente, piega con criterio, sistema per colori, crea angolo hygge. Per questo ora ho deciso che va bene anche meno: scelgo una zona, mi do un tempo (mezz’ora, un’ora) e poi stop.

Se senti il bisogno di qualcosa di concreto…
Nel mio shop trovi planner e to-do list che uso anch’io, quando sento il bisogno di fare un po’ di chiarezza, riorganizzare uno spazio o semplicemente ricordarmi da dove ripartire.
E se vuoi raccontarmi il tuo “dentro che cambia”, puoi scrivermi. Ti leggo volentieri. Le parole condivise fanno bene.

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